sabato 28 marzo 2009

La curiosità del vicinato

Nascondi le tue perplessità nei cassetti
e non aprire l’armadio agli occhi altrui;
le chiavi che hai comprato usale
senza temere la curiosità del vicinato:
non sempre il citofono suonerà per te.
Al sapore vecchio dei ricordi spenti
gusterai la quotidianità del lavoro
e la fugace calma domenicale.
Ma ti mancheranno le parole, lo sai, le sue bugie;
la tua ingenuità, orfana di illusioni,
salirà da sola le scale,
maledicendo le borse della spesa.
Starai ancora muta al telefono,
fremendo al segnale di “occupato”
che l’etere ti manderà addosso.
E di nuovo ti mancheranno i sospiri del lunedì mattina:
l’affanno del giorno lungo e delle otto ore
che non finiscono mai, o quasi.
Un giorno forse amerai di meno le tue scelte
e venderai i tuoi ideali inutilizzati
al mercato comunale del sabato.

Questa poesia è stata scritta l'anno scorso. Ma è adatta a questo momento. Tornare in un posto, trasferirsi, è un atto sempre destabilizzante. Non dal punto di vista pratico (o meglio, questo lato non m'interessa), bensì dal punto di vista esistenziale, si potrebbe dire. La poesia parla di una donna, della sua ricerca di un punto, di una nicchia di silenzio, dove raccogliersi e riprendere in mano la propria vita. Non dico che la mia situazione sia proprio questa, ma non è dissimile. Non amo la commistione netta tra poesia e vita, perché si tratta di due piani diversi, autonomi, che si possono incrociare, ma non coincidere. Però, ecco, tornare in bergamasca è stato un atto non facile; perché ha rimesso in discussione tante cose, tante idee che apparivano consolidate forse solo per inerzia mentale e intellettuale. Come scriveva Vittorio Sereni, "nemmeno io volevo essere questo che volevo essere ben altro". Ecco, questo grande poeta ha scritto una frase che riassume questo mio post tanto confuso...

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