venerdì 30 ottobre 2015

DIARIO DI UN BIBLIOTECARIO IN FASCE - 2: La biblioteca è infinita?


Per chi fosse interessato alla prima parte, ecco il link: http://poesiaescrittura.blogspot.it/2015/10/diario-di-un-bibliotecario-in-fasce.html



9 gennaio
La nostra biblioteca possiede circa quarantamila volumi. Ogni volume conta in media duecento pagine, e siamo a otto milioni di pagine. Quante righe compongono una pagina? Diciamo quaranta: siamo a trecentoventi milioni di righe. Una pagina mediamente è abitata da 350 caratteri, e così si sale pressappoco a 112mila miliardi di caratteri. Se ipotizziamo che ogni riga sia composta da almeno 10 parole (approssimando per difetto), il numero di parole contenute nei libri ammonta all’incirca a 3 miliardi.
In questo modo, la biblioteca, intesa come insieme di libri e non come edificio in muratura, diviene infinita. Le singole parole, disseminate a miliardi nelle diverse pagine, allontanano verso un indefinito aldilà la possibilità di leggere tutto, rendendola utopica. Esiste una differenza desolante tra la brevità della vita umana e il numero di libri da leggere. Si narra vi siano persone che, per il bene dell’umanità, abbiano deciso di sacrificare se stesse, dedicandosi completamente alla lettura, divenendo dei martiri del libro, impegnandosi a leggere tutto quel che esiste e a lasciare dei resoconti dettagliati dei libri assimilati. Se fosse vero, queste persone renderanno un grande servizio all’umanità. Non si tratta, come in Fahrenheit 451, di preservare i libri, bensì, più prosaicamente, di riassumerli affinché altri possano conoscerne il contenuto senza doverli leggerli.
Come vivono o vivrebbero questi lettori martiri? Il martirio sarebbe una scelta volontaria. In seguito, tuttavia, una volta entrati nel meccanismo della lettura ininterrotta, questi individui perderebbero il senno, dimenticando persino il proprio nome. Qualcuno sostiene che questi effetti vengano ottenuti attraverso una droga che cancella qualsiasi riferimento a se stessi. Qualcun altro assicura che questa alienazione sia indotta semplicemente dalla lettura ossessiva e senza interruzione a cui molti bibliomani fanatici si dedicano senza sosta. È più probabile, però, che questi lettori-martiri, per una loro disposizione interiore oppure per la suggestione o un folle amore verso i libri, a un certo punto non percepiscano più la biblioteca come edificio in muratura, cominciando invece a vederla come un insieme di migliaia di libri e di milioni di pagine. Senza questo cambiamento fondamentale, che rivoluziona la  modalità di percezione dello spazio e del tempo, annullando in loro ogni riferimento alla realtà ordinaria, è impossibile divenire martiri della lettura. Dopo aver subito questo mutamento della propria capacità di percezione spazio-temporale, per questi lettori non esisteranno più mura, né giardini, né vetrate, né scaffali e nemmeno una vita esteriore, parenti, amici, affetti; esisteranno solo righe nere che si succedono senza posa da una pagina all’altra, all’infinito. I libri della biblioteca diverrebbero allora infiniti, creando un intrico inesplicabile, un vorticoso alternarsi di caratteri, segni grafici, pagine dai diversi odori.
Non si sa cosa faccia scattare l’idea di divenire lettori martiri. Si narra che questi lettori martiri, in un giorno preciso della loro esistenza, alla fine di un sofferto processo interiore, oltrepassino le porte poste al limite dei corridoi per sparire per sempre, ingoiati dai meandri di questa biblioteca infinita. Essi abbandonano in tal modo la dimensione lineare dello spazio-tempo, accedendo a una sorta di temporalità bergsoniana: è un processo irreversibile, perché essi non passano da un luogo fisico a un altro, ma accedono a un universo mentale essenzialmente e sostanzialmente diverso rispetto a qualsiasi realtà concreta e tangibile.
Una volta entrati in questa dimensione, tali martiri percorrono lunghissimi corridoi, affiancati da scaffali altissimi, le cui sommità si perdono in un chiarore biancastro che ne confonde i contorni più elevati. Tra uno scaffale e l’altro ci sono alcune piccole stanze, dotate di comode poltrone e fogli di carta oltre che di gomma e matita. Poiché il lettore non deve mai distrarsi né avere per nessuna ragione contatti con gli altri suoi simili, non esistono pc, telefoni, e le stanze sono rigorosamente singole: anch’esse ovviamente sono infinite, o almeno si suppone che sia così. Ogni lettore deve assolutamente ignorare l’esistenza dell’altro da sé, percependosi invece come una specie di monade felice che ha in mano, lei soltanto, l’intero destino del sapere della specie umana. È questa illusione, sapientemente foraggiata dalle sentinelle o da misteriosi motivatori occulti, il vero movente che, prima degli altri, potrebbe spingere questi infelici all’estremo sacrificio di sé. Inutile aggiungere che in questo luogo il silenzio è assoluto e disumano: le sentinelle percuotono con grossi volumi i martiri che alzano la voce dimenticando la proibizione di profferire qualunque parola parlata. Ogni corridoio, prima di intrecciarne un altro, ospita una latrina, dove le sentinelle non fanno entrare il martire senza prima essersi assicurati che costui porti un libro in bagno per non smettere di leggere.
Se questa biblioteca esiste da tempo ed esisterà per sempre, è chiaro che sarà priva della tecnologia moderna. Questa biblioteca infinita, virtuale, esisterebbe come spazio eterno a struttura circolare, dotata di aperture poste a distanze ben definite sulle pareti dei corridoi. Ogni apertura sarebbe chiusa da una grata che lascerebbe intuire l’esistenza di una sorta di cilindro centrale a sua volta attraversato dai vari corridoi. In un punto imprecisato della struttura (non saprei come chiamarla in altro modo), una sorta di guardiano nascosto avrebbe la possibilità, grazie al sapiente intreccio dei corridoi, delle grate e delle scale, di osservare tutti senza essere visto a sua volta, alla maniera del Panopticon progettato nel 1791 da Jeremy Bentham.
I martiri, oltre all’obbligo di leggere tutto il giorno, una volta al mese devono stendere un resoconto dei volumi letti, affinché i lettori normali, quelli affaccendati nella vita quotidiana, possano, un giorno, consultare questo anonimi resoconti dei libri che non hanno tempo di leggere. Così potranno imparare molte cose senza doverle studiare a loro volta: basterà scorrere questi resoconti vergati dai lettori martiri.
Qual è il destino che attende queste persone? Come vivono quotidianamente nei corridoi infiniti della loro ossessione altruista? Impossibile, ovviamente, saperlo. Ci sono delle congetture, delle ipotesi anche perché si parla di qualcosa che non si sa bene se esista. Si racconta che non tutti i lettori martiri siano capaci di rendere allo stesso modo; c’è chi è più portato e chi meno. Esiste però un chiaro segno che contraddistingue il lettore più accanito: la sua consunzione fisica. Maggiore è il numero  di libri ingurgitati, più accentuato è il pallore del volto, la lunghezza delle occhiaie, la magrezza del fisico. Col trascorrere del tempo (anche se questa espressione non ha senso nella biblioteca infinita), l’uomo diventa uno scheletro che cammina, con la carne appiccicata a fatica alle ossa. Le donne divengono delle matrone appassite, come il Tiresia di T. S. Eliot, “vecchio con vizze mammelle di donna”, con la chioma grigia, i peli che invadono il corpo. Nessun lettore accanito si lava più, dato che non è necessario, poiché sarebbe una perdita di tempo; inoltre, l’assenza di rapporti umani conduce a trascurare ogni cura di sé. Ogni lettore mangia poco, solo quello che serve per continuare la propria opera destinata all’insuccesso. Le sentinelle distribuiscono pasti frugali, dove abbondano le carote, soltanto dopo che il malcapitato ha mostrato di aver letto almeno venticinque pagine all’ora. I martiri possono bere quanto voglio, perché le sentinelle e chi le comanda vogliono che questi lettori non smettano mai di scorrere le pagine dei libri, dato che sono condannati a questo supplizio, o meglio, votati a questa missione. Un’altra cosa che abbonda in questa biblioteca sono gli occhiali, che le sentinelle distribuiscono a pioggia a chiunque li richieda.
Cosa accade a chi cerca di ribellarsi? Non capita mai. Ad ogni modo, chi disobbedisce è rinchiuso in una stanza, al buio, dove viene bersagliato da libri sparati a mitraglia da un apposito macchinario. Pochi potrebbero sopravvivere a questa punizione, perché i libri sparati sono enciclopedie pesanti, libroni di geografia o uno dei vari Digesto un tempo acquistati dalla biblioteca e poi scartati.
Come detto, non è possibile abbandonare questo intrico di corridoi, sia perché non esiste l’uscita, sia perché le sentinelle non lo permetterebbero, sia perché, infine, la mente di questi lettori non ha più coscienza di nulla. Quando le forze stanno per abbandonare il martire, le sentinelle lo pongono su una sedia a rotelle dotata di leggio, gli legano la testa allo schienale, e lo costringono a leggere finché è in grado di farlo. Chi sta peggio e deve stare a letto, viene rinchiuso in appositi reparti, con letti comodi, cuscini rialzati, e libri appesi in alto, alla testa del letto, a una distanza sufficiente dal volto. Quando un lettore si spegne viene cremato: la cenere è aspirata da enormi bocche che espellono i resti nell’aria rarefatta. Di lui non rimarrà nulla, nemmeno il nome. Forse i lettori-martiri avranno un premio una volta abbandonato questo mondo, anche se non esisterà più, per loro, un’esistenza materiale paragonabile alla nostra, né, dunque una vera e propria morte, forse solo un paradiso fatto di pagine stampate e lunghi sbadigli.
Non so se sia tutto vero. Eppure ogni tanto, camminando nel silenzio dei nostri corridoi, ho l’impressione di avvertire, in lontananza, il rumore di passi leggeri e di tristi voci mormoranti. Per questo io ci credo un po’. Anche perché talvolta spariscono dei libri dai nostri scaffali senza essere mai più ritrovati. Forse sono i tomi che servono ai lettori martiri.

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