lunedì 27 giugno 2016

Il "mio" Leopardi




Queste riflessioni sui Canti di Giacomo Leopardi non hanno pretese di scientificità, né intendono porsi quale meditato e maturo contributo critico. Esse nascono da una mia personale lettura dei Canti (o meglio, di alcuni di essi), e si pongono perciò come contributo individuale, ma sentito, alla conoscenza di questo autore. È un tentativo di dar voce a Leopardi stesso, sia leggendo le sue poesie, sia le sue opere, tra le quali spicca lo Zibaldone, che è il contraltare degli altri scritti da lui composti. Per questo, alla riflessione sui Canti accompagnerò spesso ampi stralci dello Zibaldone e, in misura minore, delle Operette morali; non si tratterà di citazioni estrinseche, bensì della volontà di dar conto del continuo gioco di rimandi tra i testi in versi e quelli in prosa. Sovente, infatti, le pagine del “diario” di Giacomo contengono, in forma più ampia ed esaustiva, temi e pensieri che sono alla base delle sue composizioni poetiche.
Naturalmente ho cercato di tenere presenti alcuni contributi critici di rilievo, per evitare il rischio di “lanciarmi” in interpretazioni azzardate e senza senso. Credo infatti sia impossibile trascurare del tutto tali studi, peraltro sterminati, sulla poesia e sul pensiero di Leopardi. Tuttavia, come ho accennato all’inizio, non sarebbe stata possibile, né era mia intenzione condurla a termine, una ricognizione di tale immensa mole di analisi letterarie.
Spero che chi leggerà potrà gradire la genuinità delle parole, l’abbondanza di citazioni in versi e il continuo gioco di rimandi con lo Zibaldone. Qualunque inesattezza e imprecisione non sarà dovuta alla volontà di affermare qualcosa di inedito sulla poesia di Leopardi, bensì solo a disattenzione e umana distrazione.
Non ho commentato tutti i Canti, ma ho cercato di scegliere quelli che, per tradizione e conoscenza consolidata, risultano i più rappresentativi della sua produzione poetica. Si tratta perciò di una scelta personale, tesa a mostrare quale sia stata l’evoluzione della poesia di Leopardi, sia in relazione alla sua autobiografia, sia alla progressione del suo pensiero. Al di là di un giudizio di valore che rischierebbe di apparire arbitrario e, in generale, anti-letterario, i brani selezionati svelano il faticoso percorso di conoscenza di sé e del destino umano compiuto da Giacomo, all’interno di una biografia di per sé assai problematica, sia per ragioni esistenziali, sia per motivi prettamente fisici. La scelta, come si vedrà, è stata comunque ampia, proprio per non mutilare l’amplissima produzione poetica di Leopardi, stabilendo divisioni senza fondamento critico e letterario. D’altra parte, Giacomo fu poeta eccelso e filosofo disperato. E l’amore per la poesia non l’abbandonò mai, come si legge nello Zibaldone a p. 4302 (15 aprile 1828): “Uno de’ maggiori frutti che io mi propongo e spero da’ miei versi, è che essi riscaldino la mia vecchiezza col calore della mia gioventù; è di assaporarli in quella età, e provar qualche reliquia de’ miei sentimenti passati, messa quivi entro, per conservarla e darle durata, quasi in deposito”.



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