mercoledì 22 maggio 2013

Microstoria di un impiegatuccio




Momenti di banalità quotidiana. Qualcuno potrebbe dire che la poesia esiste solo lì. Ma sarebbe un realismo ingenuo; qualcuno potrebbe affermare che la poesia esiste anche lì, intendendo sostenere che chi scribacchia versi dovrebbe comunque ancorarsi a un terreno solido, per poi librarsi nell’aria, senza rischiare di cadere e distruggersi il popò. Mi pare che il mio amato Giorgio Caproni dicesse che una poesia in cui non entra né la parola “scarpa” e né la parola “sedia” non è vera poesia; chissà, la poesia è definibile solo per diverse e successive stratificazioni di senso che ne circoscrivono l’essenza in modo irrimediabilmente parziale. Forse. O forse no. Chissà. Comunque quando faccio colazione al bar, la tettona c’è davvero. Questa non sarà poesia sublime, ma comunissima sbadigliante realtà.


Forse è bello fare colazione alla mattina
tra gli operai che vanno al lavoro
e corteggiano la tettona del banco,
che guarda tutti e non ama nessuno.
Sembra che la giornata non debba iniziare mai.
Un minuto di sguardo intinto nel caffè,
una brioche che balla nella bocca,
e gli occhi azzurri di lei porgono il conto,
conturbanti,
mentre una mano già graffiata dal cemento
freme contando i soldi.
Poi inizia qualsiasi cosa.

Piangeva lacrime come chiodi l’uomo,
una laconica dichiarazione di morte,
un’intera vita racchiusa in due date e qualche parola
asettica e burocratica stampata in nero,
e solo un vetro a dividere l’indifferenza
dall’ultimo dolore dell’esistenza.
Un vetro trasparente per aggrapparsi alla vita furiosi,
finché si è vivi.

L’idea dell’abbandono di certi luoghi
è accettare la fine di cose
che da tempo vagamente amate
ora sono vestigia di un’archeologia esistenziale
che non profuma più di novità.
Poi la nuova avventura è un’illusione
quando i casi della vita, insomma, le ore solite
si colorano del piombo delle pagine lette
sulle panchine nelle ore meridiane
dove si corteggiano le signorine,
le mamme senza passeggino
o comunque quasi tutte le donne che passano.
 

2 commenti:

  1. E no, che non è così noiosa, banale, comunissima e sbadigliante questa vitaccia, Via quel forse iniziale poi...inizia qualsiasi cosa.
    Bella.

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  2. Siamo davvero e dunque solo un numero impresso in due date su un cartellino all'alluce? Non sappiamo che quel rapporto con il caffè potrebbe essere il rapporto più intimo della giornata. L'indifferenza, per parlar spicciolo, si traduce nel ' farsi i ca... propri' anche se quel vetro non ci fosse. Di tettone ne abbiamo viste tante, ma chissà perchè continuano ad impressionare. Forse lo si vorrebbe da lì sorseggiare quel caffè, come fosse un davanzale fiorito sulla spiaggia di Capri! Una cartolina da spedire ad amici meno fortunati, credendoci a torto noi quelli privilegiati...chissà lei, la tettona, cosa pensa di noi...

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