Forse non ha senso domandarti
chi sei, da dove vieni,
perché io vengo da te,
lungamente atteso amato perduto
nel furore ingenuo
dei tuoi primi anni di donna.
E non ero solo un’appendice di te,
un sorriso che urla,
un ritardo sul calendario,
bensì un impasto informe
che stranamente hai abbandonato
sulla scale d’un ottobre assolato.
Generare rimorsi impotenti
è un vezzo che ti hanno concesso
anni lunghi e volti addolorati,
appoggiati ai cuscini della tua coscienza.
Non aver dato mai forma
a quell’impasto di carne creato in te
è una specie di morbido supplizio,
il mio più inconsapevole dono.
dalla silloge: G.Barreca, La giostra difettosa, Edizioni Lieto Colle 2009
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Ci sono amori inspiegabili, mani che sanno intrecciarsi al buio e posizioni fetali in cui ritrovare quel seno di mamma, tanto amato e dopo tanto detestato, perchè rappresentava quella forma di dipendenza che cercavamo di superare, mentre con tutte le forze ci indignavamo per il sentirci al contempo abbandonati...la mamma, per fortuna è una sola, la mamma purtroppo è la nostra sola domanda risolta...
RispondiEliminaUn tenero contraddire, un domandarsi inutile ma che prevale, un "inconsapevole dono" che completa questa poesia estremamente forte.
RispondiEliminaChe dire Giuseppe? Quando trapelano certe emozioni io preferisco restare in silenzio ad ascoltarle.
federica