Una finestra aperta, al cielo disteso,
colorato dal sole d’agosto,
da inutili nuvole e ventate di afa:
una finestra soltanto è aperta.
Si vedono piccoli alberi morti,
s’avverte un unico lamento:
la bava alla bocca d’un vecchio.
Lenzuola senza colore
affogano in amari sbadigli.
Si vedono appesi ai ganci del cielo
gli uomini e le donne d’un tempo,
ondeggiare nella foschia.
Un portone antico, senza maniglie,
manda l’odore di legno riarso,
e sposa il letame a questa aranciata;
un bambino piange in qualche stanza,
incurante del riposo del padre.
La madre non gli dice più nulla,
ha le ossa ormai stanche, ossificate,
lo sguardo al solito amore fanciullo,
quello prima che nascesse il suo tempo.
La finestra al cielo s’apre e si chiude:
fa vedere più di quel che si crede:
oltre i colli, lontano, nell’afa,
oltre il sole e la case di altre regioni,
un sospiro si coglie sui prati mangiati dal sole,
dove l’erba di giallo si veste al mattino.
E poi uno strano, unico, silenzio.
Le tende ballano al vento dispettoso,
molti dubbi si fanno cenere,
le imposte si chiudono su camere
troppo ammobiliate.
Sul tavolo della cucina
sorride un bicchiere di noia.
Resta il sospetto speranza
che il cielo d’agosto
non sia mai quello vero…
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