Quando la notte avrà finito le lettere
e smetterà di partorire zanzare,
un’ultima frase galleggerà nella stanza.
Ma chi l’avrà detta poi?
I sogni si faranno da parte, compiti.
Silenzio, madido, extrasistole e sbadigli,
figli di un’attesa ormai breve.
Poi la finestra s’aprirà senza fare rumore più:
e sarà una mattina diversa, quieta,
forse bella come la prima e come l’ultima
di una vita.
E i sogni sembreranno solo ricordi senza sangue,
la testa leggera come un peso dolce,
le gambe fluttueranno nell’indistinto,
graffiando il vuoto appoggiato sui tetti
e sulle imposte ancora chiuse
nell’alba degli uomini.
E gli altri saranno lontani, evanescenti,
e la pioggia non bagnerà più i capelli,
nessun dolore, forse, farà più male.
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