Il film di Mike Nichols Chi ha paura di Virginia
Woolf? (Who’s Afraid of Virginia Woolf?, tratto dall’omonima opera teatrale di Edward Albee del 1962), non
riguarda la grande scrittrice inglese suicidatasi nel 1941. Il titolo
riecheggia una canzoncina degli anni ’30 Who’s Afraid of the Big Bad Wolf? ed è basato sull’assonanza tra il cognome
della scrittrice e il termine “wolf”. È una pellicola che ha conquistato cinque
premi Oscar nel 1967: miglior attrice protagonista a Elizabeth Taylor, miglior attrice non
protagonista a Sandy Dennis, migliore fotografia, migliore scenografia, migliori
costumi, ottenendo la nomination come miglior film e miglior regia.
Il film, uscito nel 1966, racconta la notte trascorsa da due coppie: la
prima, più anziana, formata da George (Richard Burton) e Martha (Elizabeth
Taylor), l’altra da Nick (Robert Seagal) e Honey (Sandy Dannys). La prima è la
coppia protagonista, quella che condurrà il gioco, arrivando progressivamente
ad avvolgere nelle proprie spire l’altra, minandone sicurezza e compostezza.
Il film trasmette sensazioni alternate, contrastanti, difficili da
elaborare: inquietudine, sbalordimento, a volte allegria, ma solo per brevi
attimi. È un film in bilico tra disperazione e amara ironica, nel quale sovente
il confine tra l’invenzione drammatica e la realtà vera vissuta dai personaggi
sembra scomparire. I protagonisti appaiono doppiamente attori, capaci di
mettere in scena una sorta di film nel film, inventando fatti che disorientano
lo spettatore, a volte incapace di distinguere la storia raccontata nel
film dal regista dalle storie ideate dai personaggi. È un film che rispetta
l’unità di tempo aristotelica (si svolge tutto dalla notte all’alba, senza
salti temporali) e in parte anche l’unità di luogo, perché si svolge nella casa
della coppia anziana, a parte alcune sequenze girate in un bar e nel suo
parcheggio.
George e Martha (lui è professore di storia
nell’università il cui preside è il suocero) sono
una coppia annoiata, indolente, che alterna battibecchi corredati da battute
taglienti e salaci, a gesti d’affetto. Nelle prime scene, al rientro da una
serata a casa del padre di Martha, entrambi appaiono brilli e pronti e
prendersi a colpi di fioretto e a baciarsi, tanto che George afferma di non
avvicinarsi alla moglie perché avrebbe voglia di prenderla con la forza e non
sarebbe una cosa opportuna, giacché attendono ospiti. E qui c’è il primo
elemento di rottura: Martha annuncia infatti la visita di un’altra coppia, suscitando
il nervosismo del marito.
La seconda coppia è l’opposto della prima: sono giovani, ordinati,
timidi e assistono con imbarazzata serietà alle stilettate che si scambiano
George e Martha. Ben presto, però, la coppia anziana coinvolge nel proprio
sadico gioco quella giovane. George tratta con sufficienza e sarcasmo Nick,
giovane professore di biologia, ponendogli domane provocatorie sulla sua vita,
cercando di fargli perdere quell’espressione da bravo ragazzo e ottenendo da
Nick la confessione del motivo per cui ha sposato Honey: lo ha fatto per
compassione, perché la donna era incinta, ma a causa di una gravidanza
isterica; di contro, Martha, che accompagna in bagno Honey, introduce uno degli
elementi che più farà discutere nel film: la storia del loro bambino, chiamato
da Gerorge e Martha “il piccolo bastardo”. Questa storia, che non si capisce se
riguardi un figlio morto oppure, come dicono i due, un ragazzo di sedici anni
che è al college, intacca la tranquillità della coppia giovane che, anche
grazie a massicce dosi di alcol (liquori e whisky saranno una costante nel
film), perde gradualmente l’aura innocente che possedeva all’inizio. Honey
diventa presto ubriaca: oltre a pronunciare frasi sconnesse, sta molto male,
vomitando più volte. Il marito di lei, solleticato dagli apprezzamenti che
Martha gli rivolge giudicandolo un fusto, un uomo atletico, perde pian piano il
proprio contegno, il proprio ruolo di maritino innamorato della giovane e
fragile moglie.
Poco dopo, in un bar deserto dove l’alcol scorre a fiumi, la
degradazione delle due coppie giunge al climax. Martha,
provocante nelle sue forme generose, balla con Nick, simulando verso di lui una
grande eccitazione sessuale. George assiste quasi indolente, finché Martha non
comincia a raccontare che il marito aveva concepito un romanzo nel quale
narrava la “storia di un ragazzo turbolento”, che aveva ucciso il padre e la
madre, asserendo poi che erano morti di freddo. Martha conclude dicendo che suo
padre, il preside, letto quel sudiciume, aveva sconsigliato a George di
pubblicarlo, minacciandolo, se lo avesse fatto, di farlo rimanere con “il
sedere per terra”. Il tutto è narrato da Martha con un tono sprezzante, mentre
Nick, che continua a ballare con lei svolge un ruolo da comprimario, all’ombra della
donna dalla quale è attratto. La povera Honey, del tutto fuori di sé, urla solo
“violenza, violenza”.
Anche in questa occasione non si capisce se quell’abbozzo di romanzo
sia esistito davvero, né se racconti una storia reale e nemmeno se la storia
sia quella della vita di George. Sembrerebbe sia così, vista la reazione
rabbiosa di quest’ultimo: ma poco prima George, parlando da solo a solo con
Nick, aveva raccontato quella stessa storia addebitandola a un suo amico di
gioventù. Dove sta allora la realtà vera del film e dove quella inventata, il
film nel film?
Per George, a ogni modo, la misura è colma: chiede più volte alla
moglie di smetterla finché, esasperato, la afferra per il collo, fin quasi a strozzarla.
Ma la zuffa dura un attimo: ora è George che, sadicamente, propone un nuovo
gioco (mentre la moglie lo guarda con odio), raccontando la storia di un
professorino gentile che vive in una città americana di provincia e che ha
sposato una biondina insignificante solo perché questa era in preda a una
gravidanza isterica e perché “piena di grana”. Solo adesso Honey, che capisce
che George sta spiattellando le confidenze di Nick, ha un sussulto di lacrime
sentendosi tradita. Poi la coppia giovane abbandona il locale, come se cercasse
di affrancarsi da quella coppia anziana così pericolosa.
George e Martha hanno un duro
chiarimento nel parcheggio del bar: la loro rottura appare definitiva, anche
perché sotto l’astio che Martha cova verso il marito, serpeggia una grande
delusione, quella di stare con un uomo passivo, abulico, senza ambizioni. Come
lei forse? D’altra parte, oltre agli insulti, all’odio che traspare dal volto espressivo
di una superba Liz Taylor, le parole non lasciano scampo. La moglie dice che
nella vita si può sopportare quasi tutto, che si può trovare quasi sempre una
giustificazione per resistere anche nelle situazioni più difficili, ma che, a
un certo punto, all’improvviso, quell’equilibrio basato su scuse e giustificazioni
crolla senza rimedio. È quel succede a loro quella sera. La condanna verso il marito è senza appello,
tanto che Martha gli dice: “Non ci si può riavvicinare al niente e tu
sei il niente. Stasera ti guardavo ed era come se tu non esistessi”. Egli non è
un uomo, poiché manca di spina dorsale. Il marito, giudicandola una donna
viziata, ubriacona e sporcacciona, le consiglia di smetterla perché
l’attaccherà con le stesse armi che userà lei. Martha se ne va, dopo che i due
hanno appena dichiarato che tra loro sarà “guerra totale”.
Più tardi tutti tornano, in
ordine sparso, alla casa di George e Martha, al grembo di ogni disperazione,
quella che Martha all’inizio del film definisce una “topaia”. E torna la solita
atmosfera sospesa tra ironia e angoscia: dalle immagini si capisce che Martha e
Nick sono a letto; ma la cosa non sembra turbare George, che ride come fosse
fuori di sé, mentre Honey è in deliquio, distrutta dall’alcol. A un certo
punto, dimenandosi a terra, Honey confessa di non vuole avere figli perché è
terrorizzata dal dolore che si prova durante il parto. George, allora, le
racconta di come egli dovette comunicare alla moglie la morte del loro bambino.
Egli rievoca la scena del telegramma con la ferale notizia, e del modo con cui
lo lesse alla moglie. Forse è per questo che lui aveva chiesto con insistenza a
Martha di non tirare fuori la storia del bambino. Per non rievocare un dramma
tanto doloroso.
Nel frattempo Martha e Nick non
fanno l’amore, perché l’uomo, vinto dall’alcol, fa cilecca. Per Martha è
l’ennesima delusione con un uomo, è la dimostrazione definitiva di quanto gli
uomini valgano poco: “tutti pappine [gli uomini], io sono la Madre Terra”. Questo
incidente produce un nuovo rovesciamento di sentimenti: Martha infatti ora
cerca il marito, che è in giardino, affermando, con malinconia, che lui è stato
l’unico uomo che ha amato e che l’ha soddisfatta sessualmente.
Infine c’è l’epilogo del film, durante il quale la
coppia anziana domina la scena, cercando di addossare sulla coppia giovane una
parte del peso, sempre meno sopportabile, delle proprie angosce, della propria
tristezza, del proprio fallimento. George e Martha, fornendo prova di grande capacità drammaturgica,
rievocano la scena della notizia della morte del figlio. George fa finta di
rileggere il telegramma che recò loro la triste notizia; Martha si dispera, si
strappa i capelli, piange come solo una madre può fare. È una scena tremenda,
dalle tinte forti; la coppia giovane vi assiste inerme, sebbene Honey, benché
ubriaca, abbia un sussulto, asserendo che ora vuole un figlio. Poi tutto sembra
calmarsi, dalle finestre l’alba bussa ai vetri si capisce che la storia del
figlio morto George e Martha se la sono inventata.
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