Ci sono “leggende” anche in uno
sport, come il calcio moderno, che di leggendario e di artistico sembra avere
ben poco. I soldi, le scommesse, l’abuso di farmaci, la violenza e così via,
sono ferite nel corpo e nell’anima dei tifosi. Eppure il calcio è ancora
seguitissimo ed è per molte persone una passione, a volte eccessiva, talvolta
potente. Forse perché quasi tutti, da ragazzini, almeno una volta hanno giocato
a pallone. D’altra parte, è un gioco facile da giocare: bastano un pezzo di
cemento, oggetti di qualsiasi genere per fare i pali delle porte (ma si può
giocare anche a una porta). Poi ci vuole un pallone, sebbene ridotto male, e un
amico. Però si può anche giocare da soli. E non è necessario essere in undici.
Si può essere in tre, quattro, cinque. Così il “gioco” è fatto: è sufficiente infine
tirare calci a un pallone, anche con la punta delle scarpe, come viene. L’azione
di dare calci è tra le più naturali del mondo: quando camminiamo, quante volte,
senza pensarci, abbiamo dato un calcetto a una piuma, a una foglia che capita
tra i nostri piedi, a una cicca di sigaretta, o al vento…?
Più tardi, per chi ha talento,
arriveranno le scarpe con i tacchetti, i campi, le prime sfide, le prime
incavolature, i primi insulti, la prima rete; per i pochissimi che sfondano ci
saranno soldi, gloria, fatica, ma a volte anche sofferenza, drammi.
Sembra che gli Atzechi (o erano i
Maya?) giocassero con la palla uno sport non dissimile dal gioco del calcio.
Celebre poi è il calcio fiorentino, che è però più affine al moderno rugby. Il
calcio come oggi lo conosciamo nacque in Inghilterra nella seconda metà
dell’Ottocento. E ha conquistato il mondo intero, Stati Uniti a parte (forse
allergici a tutto ciò che veniva dal Regno Unito).
Qualche intellettuale disprezza
il calcio, giudicandolo, a seconda dei casi, uno sport per gente belluina
oppure uno sport giocato da ricchi scemi. Opinione accettabile: se non si
condivide una passione è impossibile capirla. Meno giusto sarebbe denigrarla.
Il calcio, nonostante tutto, è ancora lo sport più popolare, anzi, più
nazional-popolare, e questo è significativo.
È un gioco che può riservare
gioia e dolori, e che può ospitare in sé anche della poesia. La traiettoria
perfetta, liftata, di un pallone che si infila in rete dopo aver disegnato un
arco in aria, non è un atto artistico? Certo, artistico in senso “basso”, ma
comunque tale è. Il balzo del portiere che arriva in alto e che, per un pelo,
riesce a toccare il pallone, evitando di subire una rete, non può avere il
sapore di un’opera d’arte? E il clima di passione (quando non degenera), la
tensione, la gioia sfrenata della vittoria, le lacrime della sconfitta, la
sfida uno contro l’altro, che ammette un solo vincitore, hanno talvolta il
sapore di un momento lirico.
Ecco perché mi piace mettere qui
due poesie sul gioco del pallone. La prima è di Umberto Saba (1883-1957), che
scrisse cinque famose poesie sul gioco del calcio. Saba era tifoso della
Triestina (i “rosso-alabardati”), una squadra gloriosa tra gli anni Trenta e
gli anni Cinquanta. La poesia qui riprodotta celebra la leggerezza e la
giovinezza dei calciatori che appaiono lontani da angosce e tristezze. Si
tratta di un’illusione, senza dubbio, ma il poeta sembra non volerci pensare;
egli è anzi lieto nel vedere che quei giovani illudano anche lui illudendo se
stessi.
L’altra è una poesia, minore, scritta
da Vittorio Sereni (1913-1983). Probabilmente è dedicata a una vittoria della
Juventus (che negli anni ’30 vinse cinque scudetti di fila) a Milano contro
l’Inter, allora chiamata Ambrosiana. In questi versi il tripudio della partita,
la festa, sono contrapposti al silenzio, spesso amaro, che segue ogni allegria. E
l’illusione della gioia non è temperata da alcuna consolazione, ma è una
presenza colma d'angoscia, che culmina in una serata piovosa dove ogni tripudio e passione
si spengono.
Squadra paesana (U. Saba)
Anch’io tra i molti vi saluto,
rosso-alabardati,
sputati dalla terra natia,
sputati dalla terra natia,
da tutto un popolo amati.
Trepido seguo il vostro gioco.
Ignari esprimete con quello antiche cose
meravigliose
sopra il verde tappeto, all'aria, ai chiari
soli d'inverno.
Le angosce
che imbiancano i capelli all'improvviso,
sono da voi così lontane!
Trepido seguo il vostro gioco.
Ignari esprimete con quello antiche cose
meravigliose
sopra il verde tappeto, all'aria, ai chiari
soli d'inverno.
Le angosce
che imbiancano i capelli all'improvviso,
sono da voi così lontane!
La gloria vi dà un sorriso
fugace: il meglio onde disponga. Abbracci
corrono tra di voi, gesti giulivi.
Giovani siete, per la madre vivi;
vi porta il vento a sua difesa. V’ama
anche per questo il poeta, dagli altri
diversamente - ugualmente commosso.
fugace: il meglio onde disponga. Abbracci
corrono tra di voi, gesti giulivi.
Giovani siete, per la madre vivi;
vi porta il vento a sua difesa. V’ama
anche per questo il poeta, dagli altri
diversamente - ugualmente commosso.
DOMENICA SPORTIVA (V. Sereni)
Il verde è sommerso in
neroazzurri.
Ma le zebre venute di Piemonte
sormontano ricosse a un hallalì
squillato dietro barriere di
folla.
Ne fanno un reame bianconero.
la passione fiorisce fazzoletti
di colore sui petti delle donne.
Giro di meriggio canoro,
ti spezza un trillo estremo.
A porte chiuse sei silenzio
d’echi
nella pioggia che tutto cancella.
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