Una Rimini invernale, sferzata
dalla pioggia e dalla nebbia; un uomo affondato in un cappotto marrone, l’aria
dimessa e trasandata, la barba incolta, che cammina da solo lungo il molo,
avvolto dalla foschia, mentre scorrono i titoli di testa. Queste prime scene
riassumono i temi di questo film cult,
diretto da un maestro come Valerio Zurlini (1926-1982) nel 1972. Il
protagonista è un uomo dall’esistenza sospesa, che non sembra voler più nulla
dalla vita, che non spera nulla e che si lascia vivere mollemente, annegato in
una caligine indistinta nella quale sfumano i contorni delle case, dei
sentimenti, delle persone.
Un affascinante Alain Delon dà il
volto al personaggio principale, il professore Daniele Dominici, supplente di
lettere in un liceo di Rimini. È un poeta, un uomo che ha dietro di sé un
passato oscuro e che vive stancamente una relazione con una donna, Monica
(interpretata da Lea Massari). Il grigiore e il tono dimesso del film sono interrotti
dall’incontro del protagonista con un’allieva, bella e malinconica, Vanina
Abati (Sonia Petrova). La ragazza è fidanzata con un ricco giovane, Gerardo,
che gira con una macchina fuoriserie e che è il tipico bullo di provincia.
Sarà proprio grazie alla
somiglianza del nome dell’allieva con quello della protagonista del romanzo Vanina Vanini di Stendhal, che il
professore riuscirà ad avere un primo contatto con la studentessa, allorché le
regalerà il libro. L’eroina del libro di Stendhal è di nobili origini e ama un
carbonaro. La Vanina del film di Zurlini non è nobile, né materialmente né
spiritualmente. Il suo volto pallido, il suo viso accigliato, la bellezza
perlacea, creano attorno a lei un’aura di mistero che spinge Dominici a
invitarla a uscire con lui.
Nel film non esistono
demarcazioni nette tra i personaggi. Infatti, il professore, benché sia un
disincantato intellettuale, non esita a frequentare un circolo di vitelloni di
provincia che si trovano la sera per giocare d’azzardo oppure per celebrare
festini nei quali il sesso è solo una tra le diverse droghe che vengono assunte
per godere il più possibile dell’istante. Lo stesso fidanzato di Vanina
partecipa a questi festini, gioca a carte e frequenta mignotte d’ogni genere.
Dominici alla fine riesce a fare
breccia nel cuore di Vanina. I due si baciano dopo un pomeriggio passato
assieme; hanno visitato a Monterchi il quadro di Piero della Francesca, la
Madonna del Parto: il professore, davanti a questo quadro, perde la sua aria
dimessa e offre un’interpretazione poetica del dipinto (nobilitata dalla
recitazione del celebre incipit del canto XXXIII
del Paradiso della Divina Commedia di Dante
Alighieri) che colpisce la sua allieva che, per la prima volta, sta
vicino a un uomo che le parla da pari a pari e che non è attratto solo dalla
sua bellezza.
Tuttavia, dopo il bacio, Vanina
deve scappare a casa. E allora il professore s’incontra con i soliti vitelloni
di provincia che lo invitano in discoteca per festeggiare il compleanno di uno
di loro, un tale detto Spider (interpretato da Giancarlo Giannini), un uomo
all’apparenza cinico e vacuo, ma che nasconde una grande sensibilità. In
discoteca Dominici incontra Vanina e Gerardo; la ragazza, che balla abbracciata
al fidanzato sulle note della canzone Domani è un altro giorno cantata da
Ornella Vanoni, è turbata quando scorge il professore. La scena è molto bella:
il regista, sulle note della canzone, inquadra alternativamente il volto del
professore, che fissa Vanina con un’espressione di stupore inerte, e il viso di
Vanina, illuminato dalle luci stroboscopiche, che diventa sempre più cupo,
nonostante stretti gli abbracci del fidanzato.
Poi Gerardo invita tutti a casa
sua e, per mettere alla berlina il turbamento della fidanzata, proietta un
filmato la cui protagonista è Vanina stessa, ripresa a Venezia durante una gita
e poi mentre si trova nuda sul letto. La provocazione è riuscita: la compagnia
si scioglie imbarazzata, Vanina fugge via e sparisce per un po’. Anche Daniele
è turbato.
Il professore la cerca invano per
diversi giorni; si reca a casa di lei, dove è cacciato in malo modo dalla
madre. A casa sua, intanto, la sua compagna riceve lettere anonime sulla
relazione di Daniele con Vanina. Ma non ci sono scene di gelosia, anzi; il loro
rapporto appare spento e anche quando fanno l’amore sono lontanissimi l’uno
dall’altro, entrambi intenti a pensare ad altre persone o a godere in
solitudine. Ora che Daniele ha perduto Vanina, l’illusione e il disincanto
salgono in lui al massimo grado: tornano le scene di pioggia e di nebbia, in
una Rimini in cui gli alberghi per le vacanze deserti e le spiagge vuote
simboleggiano la desolazione morale dei protagonisti.
Un pomeriggio, quasi per caso, Daniele
conduce Spider a visitare una casa abbandonata, raccontandogli che lì era
vissuta una ragazza che si era suicidata giovanissima per amore. Poi quella
sera stessa, sentendosi sempre più smarrito, Daniele partecipa al solito
festino, durante il quale sta per abbandonarsi alle carezze di una donna, ma
Vanina all’improvviso torna a cercarlo e, dopo una notte d’intenso amore in una
casa messa a disposizione da uno dei vitelloni (interpretato da Renato
Salvatori), avviene l’agnizione. Infatti, la mattina l’ormai ex fidanzato di
Vanina ha un confronto durissimo con lei davanti a Daniele e agli altri amici.
La ragazza gli confessa che non l’ha mai amato e che stava con lui solo per i
soldi. Gerardo allora, adirato, racconta che la madre di Vanina, quando questa
aveva 15 anni, l’aveva venduta al gruppo di vitelloni di provincia, facendole
avere rapporti con tutti loro, comprese alcune donne. Lo squallore di questa
confessione, un gesto di vendetta che svela la desolante esistenza di Vanina e
del gruppo di uomini che anche Daniele conosce bene, non muta il destino del
film. Il professore decide di stare ugualmente con Vanina: forse crede di
poterla redimere, di renderla migliore o forse spera, proprio grazie a lei, di
poter salvare se stesso dalla consunzione, dall’indifferenza, dall’inerzia. Non
sarà così: il naufragio è alle porte.
Il film tratteggia in modo mirabile
il sentimento della noia contemporanea; una noia che non consiste nel non far
niente, bensì nel fare qualunque cosa pur di non rimanere soli con se stessi
(un richiamo al divertissement di Pascal?). L’inquietudine del protagonista non
si traduce in un’esistenza solitaria e dedita alla poesia, ma nell’immersione
nel mondo di corruzione e di degenerazione umana che alberga nelle notti
invernali riminesi. La stessa poesia sembra non appartenergli più e
l’entusiasmo che gli dona Vanina non traspare mai dall’espressione del suo
volto che, durante il film, permane quasi sempre cupa e disincantata. Il
disorientamento, la stanchezza e la disillusione dell’uomo contemporaneo creano
un film bellissimo, che alterna poesia e azione, senza mai acquisire un ritmo
deciso.
Al suo funerale si vede l’anziana madre con altri parenti attempati e si
capisce che Daniele apparteneva a una nobile famiglia da cui, giovane inquieto,
anni prima era fuggito. Tra i suoi “amici” vitelloni, è presente il solo
Spider, che ha scoperto che Daniele era un poeta e che un suo libro s’intitola La prima notte di quiete (si tratta di
un verso di Goethe), dedicato a una ragazza di quindici anni (quella della casa
abbandonata visitata con Spider) che lui amava e che s’era uccisa quando s’era
accorta, come Daniele, che i suoi sogni non si sarebbero mai realizzati. La
prima notte di quiete, afferma il protagonista durante il film, è la morte,
perché è la prima notte in cui si dorme senza sogni.
Una lettura molto molto bella, capace di trattenere il lettore fino all'ultima parola, che si confonde con il fascino del film, amplificandolo e amplificandosi...grazie per la proposta!!
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