Nel libro uscito nel 2012, L’istinto di narrare. Come le storie ci hanno reso umani
(Bollati-Boringhieri, Torino 2015, trad. di Giuliana Oliviero. Titolo in inglese:
The Storytelling Animal. How Stories Make
Us Human), Jonathan Gottschall
sostiene la natura “istintiva” dell’attitudine a narrare storie; questa
attitudine non ha avuto solo una funzione positiva dal punto di vista dell’evoluzione
della specie umana (raccontare e raccontarsi, infatti, è una prerogativa esclusiva dell’homo
sapiens e, probabilmente, un segno del suo vantaggio sulle altre specie,
paragonabile allo sviluppo del pollice opponibile), ma ha consentito all’uomo
di sviluppare una società, di affrontare il bene e il male, di vivere una serie
di situazioni che gli hanno dato la possibilità di sperimentare i caratteri
dell’esistenza senza viverli direttamente. È un po’ quello che accade ai
bambini, quando giocano a combattere mostri o a cullare un bambolotto. In realtà non stanno solo giocando, bensì stanno anche inventando delle storie. In questo modo, senza saperlo, si
preparano a vivere la vita, indipendentemente dal fatto che da adulti dovranno
effettivamente affrontare dei mostri o allevare dei figli.
Le storie ci circondano: non vivono solo nei libri, né negli e-book, o in televisione, ma colonizzano la nostra quotidianità. I sogni, per esempio, sono narrazioni, spesso enigmatiche, ma intense. Poi ci sono i "sogni a occhi aperti", le cose che "raccontiamo" ad amici, colleghi, familiari, le cose che ci inventiamo, quelle che rievochiamo attraverso la memoria, che spesso è inaffidabile benché ricchissima e interessante. Ci raccontiamo storie su noi stessi per vivere meglio, ed è per questo che quasi sempre, quando narriamo di noi, tendiamo a sopravvalutarci e abbellirci. Quest'ultimo fatto "non è indice di ottimismo a trecentosessanta gradi, semplicemente descriviamo noi stessi in termini molto più positivi di quelli riservati alle altre persone, amici compresi. Noi siamo i protagonisti, e tutti gli altri sono attori con ruoli minori nei nostri drammi personali" (p. 187).
Dunque, non raccontiamo storie solo per divertirci, per svagarci, per ingannare noi stessi e il prossimo. Raccontiamo storie perché è essenziale per vivere, per stare al mondo, un po' meglio di come stiamo di solito. È una bella illusione, è vero, ma non possiamo farne a meno. Leggiamo a p. 153 cosa scrive Gottschall:
Le
storie … continuano ad adempiere alla loro antica funzione di creare un legame
sociale, rafforzando una serie di valori comuni e fili della cultura comune. Le
storie acculturano i giovani, definiscono gli individui, ci dicono cos’è
lodevole e cos’è disprezzabile, stimolano costantemente e impercettibilmente l’integrità
morale. Le storie sono il lubrificante e il collante della società:
incoraggiano a comportarci bene, riducono le frizioni sociali e riuniscono gli
individui intorno a valori condivisi. Le storie ci omogenizzano, ci unificano […]
Le storie – sacre e profane – sono forse la principale forza coesiva della
specie umana. Un società è composta di individui indisciplinati con diverse
personalità, obiettivi e programmi. Che cosa connette al di là dei legami di
parentela? Le storie. Come ha affermato John Gardner, le storie sono “fondamentalmente
serie e benefiche, una partita giocata contro il caos e la morte, contro l’entropia”.
Sono la forza che contrasta il disordine sociale, la tendenza delle cose a
scompaginarsi. Le storie sono il centro senza il quale il resto non potrebbe
tenersi insieme.
Nell’ultima pagine, infine, l’autore si
dichiara ottimista relativamente al futuro dello story-telling; se il romanzo dovesse scomparire come genere
letterario, rimarranno comunque delle forme e degli strumenti (elettronici
informatici) narrativi al passo coi tempi, capaci di alimentare e rafforzare l’istinto
di narrare dell’uomo:
Leggete e guardate finzione narrativa.
Accrescerà la vostra empatia e vi consentirà di destreggiarvi meglio nei
dilemmi dell'esistenza.
Non permettete ai moralisti di dirvi che la
finzione narrativa degrada il tessuto morale della società. Al contrario,
solitamente anche le storie più pulp ci riuniscono intorno a valori comuni.
Ricordate che, per natura, tendiamo a farci
assorbire dalle storie. Quando siamo emotivamente coinvolti nei personaggi e
nella trama, è più facile plasmarci e manipolarci.
Rallegratevi per il potere delle storie di
cambiare il mondo (pensiamo a La capanna
dello zio Tom), ma guardatevene anche (pensiamo a Nascita di una nazione).
Gli allenamenti di calcio e le lezioni di
violino vanno bene, ma non dimenticate di mettere in programma per i vostri
figli un po’ di tempo da trascorrere sull’Isola che non c’è: è una componente
essenziale di uno sviluppo sano.
Consentitevi di sognare a occhi aperti. I
sogni diurni le nostre piccole storie: ci aiutano a imparare dal passato e a
pianificare il futuro.
Sappiate rendervi conto di quando il vostro
narratore interiore si spinge troppo oltre: siate scettici verso le teorie
cospiratorie. verso ciò che postate sul vostro blog e verso i racconti
autoassolutori dei litigi con i coniugi e i colleghi di lavoro.
Se tendete allo scetticismo, cercate di
essere più tolleranti nei confronti dei miti, nazionali e religiosi, che
contribuiscono a rendere coesa una cultura. O, se non altro, cercate di non
eccedere nell’auspicarne la scomparsa.
La prossima volta che sentirete un critico
dire che il romanzo sta morendo per obsolescenza, limitatevi a sbadigliare. Non
andiamo nei mondi immaginari perché siamo alla ricerca di novità eclatanti, ma
perché vogliamo il vecchio conforto della grammatica narrativa universale.
Non disperate per il futuro delle storie e
non irritatevi troppo il dilagare di videogiochi e reality show televisivi. Il tipo
di esperienza che ci viene offerto dalle narrazioni è destinato a evolversi,
tuttavia, così come non torneremo a camminare a quattro zampe, siamo animali
narratori, e dunque le storie non usciranno mai dalla nostra vita.
Siate felici per la fantastica catena di
eventi improbabili che, lungo la serpeggiante traiettoria dell’evoluzione, ci
ha resi creature indissolubilmente legate alle storie, che ci ha dato tutto il
gioioso dinamismo delle storie che raccontiamo. E siate consapevoli, soprattutto,
che comprendere il potere dello storytelling
- da dove derivi e perché sia così importante - non potrà in nessun caso ridurre
l’intensità dell’esperienza che ne traiamo.
Perdetevi in un romanzo, e vedrete.
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