Nel 1919 Robert Walser
(1878-1956) pubblicò un racconto intitolato Der Spaziergang (La passeggiata). Il poeta, mentre sta passeggiando, alterna riflessioni e considerazioni
(su se stesso, sull’ambiente circostante, sulla letteratura, sulle persone che
incontra), a dialoghi con altri personaggi. Nei passi citati sotto, egli sta
dialogando con l’esattore delle imposte, perché vuole spiegargli che il poeta
svolge un “mestiere” poco redditizio, che dunque non giustifica il fatto che
egli debba pagare troppe tasse. Il funzionario però non comprende come un uomo
come lui possa mantenersi senza lavorare; nella sua visione materiale, se una
persona se ne va tutto il giorno a passeggio, significa che ha notevole entrate
che gli permettono di non fare nulla. Invece per il poeta “passeggiare” non è
fare nulla, anzi, è l’attività fondamentale ed è alla base della sua attività
creatrice:
Le prolisse passeggiate mi ispirano mille pensieri fruttuosi,
mentre rinchiuso in casa avvizzirei e inaridirei miseramente. L’andare a spasso
non è per me solo salutare, ma anche profittevole, non è solo bello ma anche
utile. Una passeggiata mi stimola professionalmente, ma al contempo mi procura
anche uno svago personale; mi consola, allieta e ristora, mi dà godimento, ma
ha anche il vantaggio di spronarmi a nuove creazioni, perché mi offre numerose
Occasioni concrete, più o meno significative, che, tornato a casa, posso elaborare
con impegno. Ogni passeggiata è piena di incontri, di cose che meritano d’esser
viste, sentite. Di figure, di poesie viventi, di oggetti attraenti, di bellezze
naturali brulica letteralmente, per solito, ogni piacevole passeggiata. sia pur
breve. La conoscenza della natura e del paese si schiude piena di deliziose lusinghe
ai sensi e agli sguardi dell’attento passeggiatore, che beninteso deve andare
in giro ad occhi non già abbassati, ma al contrario ben aperti e limpidi, se
desidera che sorga in lui il bel sentimento, l’idea alta e nobile del
passeggiare.
Consideri a quale impoverimento, a quale fallimento doloroso
andrebbe incontro il poeta, se la materna, paterna, filiale natura non gli
consentisse di abbeverarsi di continuo alla fonte del bello e del buono. Consideri
l’importanza grandissima e sempre nuova che per il poeta ha l’insegnamento, la
santa, aurea dottrina che gli proviene dal vivere all’aperto. Senza passeggiate
e la relativa contemplazione della natura, senza questa raccolta di notizie,
che allieta e istruisce insieme, che è ristoro e incessante monito, io mi sento
come perduto, e realmente lo sono. Con grande attenzione e amore colui che
passeggia deve studiare e osservare ogni minima cosa vivente: sia un bambino,
un cane, una zanzara, una farfalla, un passero, un verme, un fiore, un uomo, una
casa, un albero, una coccola, una chiocciola, un topo, una nuvola, un monte,
una foglia, come pure un misero pezzettuccio di carta gettato via, sul quale
forse un bravo scolaretto ha tracciato i suoi primi malfermi caratteri.
«Le cose più sublimi e le più umili, le più serie come le più
allegre, sono per lui in misura care, belle e preziose. Neppure una traccia di
ombroso amor proprio deve albergare nel suo animo, ma bensì egli deve lasciare
che il suo sguardo sollecito erri e si posi dappertutto con spirito fraterno,
deve saper aprirsi solo alla vista e all’osservazione, e viceversa essere
capace di tenere a distanza i suoi propri lamenti, bisogni, mancanze, rinunce.
come un valoroso e provetto soldato, pieno di zelo e di abnegazione.
Diversamente egli passeggia solo con metà del suo spirito, il che
invero vale assai poco. In ogni momento deve esser disposto a impietosirsi, a
simpatizzare, ad entusiasmarsi, ed è sperabile che lo sia. Deve esser capace di
esaltarsi nell’entusiasmo, ma altrettanto facilmente deve sapersi chinare verso
le più minute esperienze quotidiane; ed è presumibile che sappia farlo. Ma il
pieno, fiducioso abbandonarsi e ritrovarsi nelle cose, l’amore sollecito per
ogni nuovo avvenimento, sono però anche, per lui, fonte di felicità, come ogni dovere
adempiuto arricchisce e rende intimamente felice chi di tale dovere consapevole.
Intelligenza e dedizione gli procurano letizia, lo innalzano molto al disopra
del suo personaggio di passeggiatore, tenuto sovente in sospetto d’inutile e
scioperata vagabondaggine. Studi molteplici lo fanno ricco, lieto, sereno,
nobile, e ciò a cui egli attende solerte può a volte sfiorare da vicino una
scienza esatta, di cui nessuno stimerebbe Capace un essere in apparenza così
futile e ozioso […].
Segretamente ogni sorta di pensieri e d’idee seguono di soppiatto
colui che passeggia, così da obbligarlo, mentre cammina compassato e attento, a
fermarsi e a restare in ascolto, poiché, completamente stordito da strane
impressioni, dalla potenza degli spiriti, si sente a un tratto come magicamente
sprofondare nel suolo, mentre davanti agli occhi abbagliati e smarriti del
pensatore-poeta si spalanca un abisso. La testa sembra volerglisi staccare dal busto,
le braccia e le gambe, solitamente così vivaci, sono come paralizzate. Paese e
gente, suoni e colori, volti e figure, nuvole e luce solare gli girano tutt’intorno
come larve, ed egli si chiede: “Dove sono?”.
Terra e cielo fluiscono e precipitano insieme in una visione
nebulosa, tutta onde e lampi, in un barbaglio dai contorni indefiniti. Il caos
incomincia, ogni ordine svanisce. L’uomo sconvolto cerca a fatica di serbarsi lucido;
vi riesce. Poi continua fiducioso a camminare.
Lei non crederà assolutamente possibile che in una placida passeggiata
del genere io m’imbatta in giganti, abbia l’onore di incontrare professori,
visiti di passata librai e funzionari di banca, discorra con cantanti e con
attrici, pranzi con signore intellettuali, vada per boschi, imposti lettere
pericolose e mi azzuffi fieramente con sarti perfidi e ironici. Eppure ciò può
avvenire, e io credo che in realtà sia avvenuto. A chi passeggia si accompagna
sempre alcunché di singolare, di fantastico, e sarebbe insensato ch’egli
volesse ignorare questa presenza spirituale: ma non l’ignora per nulla, invece,
e saluta con un cordiale benvenuto tutti gli incontri inattesi, si
familiarizza, fraternizza con essi, li tramuta in corporeità tangibili,
sostanziose, dà loro anima e forma, così come essi dal loro canto lo amano e lo
formano.
Insomma: pensando, scrutando, scavando, almanaccando, riflettendo,
scrivendo, ricercando, indagando e passeggiando, io mi guadagno il pane
quotidiano altrettanto duramente quanto chiunque altro. Proprio mentre il mio
viso assume l’aria più ilare, può darsi ch’io sia serissimo e pieno di
scrupoli, e quando all’aspetto mi si direbbe null’altro che un molle sognatore,
sono un solido professionista.
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