Queste riflessioni sui Canti di Giacomo Leopardi non hanno pretese di
scientificità, né intendono porsi quale meditato e maturo contributo critico.
Esse nascono da una mia personale lettura dei Canti (o meglio, di alcuni di essi), e si pongono perciò come contributo
individuale, ma sentito, alla conoscenza di questo autore. È un tentativo di
dar voce a Leopardi stesso, sia leggendo le sue poesie, sia le sue opere, tra
le quali spicca lo Zibaldone, che è
il contraltare degli altri scritti da lui composti. Per questo, alla
riflessione sui Canti accompagnerò
spesso ampi stralci dello Zibaldone
e, in misura minore, delle Operette morali; non si tratterà di citazioni estrinseche, bensì della volontà di dar
conto del continuo gioco di rimandi tra i testi in versi e quelli in prosa.
Sovente, infatti, le pagine del “diario” di Giacomo contengono, in forma più
ampia ed esaustiva, temi e pensieri che sono alla base delle sue composizioni
poetiche.
Naturalmente ho cercato
di tenere presenti alcuni contributi critici di rilievo, per evitare il rischio
di “lanciarmi” in interpretazioni azzardate e senza senso. Credo infatti sia
impossibile trascurare del tutto tali studi, peraltro sterminati, sulla poesia
e sul pensiero di Leopardi. Tuttavia, come ho accennato all’inizio, non sarebbe
stata possibile, né era mia intenzione condurla a termine, una ricognizione di
tale immensa mole di analisi letterarie.
Spero che chi leggerà
potrà gradire la genuinità delle parole, l’abbondanza di citazioni in versi e
il continuo gioco di rimandi con lo Zibaldone. Qualunque inesattezza e imprecisione non
sarà dovuta alla volontà di affermare qualcosa di inedito sulla poesia di Leopardi,
bensì solo a disattenzione e umana distrazione.
Non ho commentato tutti
i Canti, ma
ho cercato di scegliere quelli che, per tradizione e conoscenza consolidata, risultano
i più rappresentativi della sua produzione poetica. Si tratta perciò di una
scelta personale, tesa a mostrare quale sia stata l’evoluzione della poesia di
Leopardi, sia in relazione alla sua autobiografia, sia alla progressione del
suo pensiero. Al di là di un giudizio di valore che rischierebbe di apparire arbitrario
e, in generale, anti-letterario, i brani selezionati svelano il faticoso
percorso di conoscenza di sé e del destino umano compiuto da Giacomo,
all’interno di una biografia di per sé assai problematica, sia per ragioni
esistenziali, sia per motivi prettamente fisici. La scelta, come si vedrà, è stata
comunque ampia, proprio per non mutilare l’amplissima produzione poetica di
Leopardi, stabilendo divisioni senza fondamento critico e letterario. D’altra
parte, Giacomo fu poeta eccelso e filosofo disperato. E l’amore per la poesia
non l’abbandonò mai, come si legge nello Zibaldone a p. 4302 (15 aprile 1828): “Uno de’ maggiori frutti che io mi
propongo e spero da’ miei versi, è che essi riscaldino
la mia vecchiezza col calore della mia gioventù; è di assaporarli in quella
età, e provar qualche reliquia de’ miei sentimenti passati, messa quivi entro,
per conservarla e darle durata, quasi in deposito”.
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